SanktGallen Brewery, il più antico microbirrificio nipponico, ha recentemente avviato la produzione di una birra interamente dedicata alla lotta contro la pandemia che dall’inizio dell’anno minaccia la salute di milioni di abitanti del Giappone e del resto del mondo.
La birra si chiama Amabie IPA (アマビエIPA), contiene il 7% di alcool e viene venduta a 460 ¥ a bottiglia da 33 cl, poco meno di 4 €. Dal giorno della sua commercializzazione, avvenuta il 28 aprile, la società fondata nella città di Atsugi (prefettura di Kanagawa) dalla famiglia Iwamoto nel 1997 ha venduto non meno di 10.000 bottiglie riuscendo a devolvere due milioni di ¥, l’equivalente di 17.000 €, a un fondo di ricerca dedicato a fermare la diffusione del nuovo coronavirus.
Cos’ha a che fare questa birra con il coronavirus? Ebbene, come suggerisce il nome (e come alcuni dei lettori del nostro blog avranno già notato), il marchio della bevanda si ispira a uno yokai giapponese a lungo dimenticato, tornato improvvisamente popolare con lo scoppio dell’epidemia dello scorso febbraio.
Si tratta di Amabie (アマビエ), un mostro del folklore giapponese che si crede abbia virtù benevole. All’epoca conosciuta come una creatura in grado di respingere malattie come peste o colera, Amabie è un’entità a cui i giapponesi affidano il loro auspicio di guarigione in un momento in cui la pandemia di Covid-19 sta assumendo una portata allarmante.

Amabie è una leggendaria sirena o merman giapponese con tre zampe, che presumibilmente emerge dal mare e profetizza un raccolto abbondante o un’epidemia. Sembra essere una variante dell’amabiko, altrimenti noto come amahiko-nyūdo e arie, che sono raffigurati come scimmie, uccelli o torso, e di solito a 3 zampe.
Amabie, assurta dalla popolazione giapponese a mascotte per questi primi mesi del 2020, è la musa ispiratrice di questa nuova marca di birra ed è il mangaka Masayuki Ishikawa, autore della serie Moyashimon (che parla della vita dei batteri), a firmarne il disegno sull’etichetta.
Fonti consultate: Nautiljon.