Il mondo del wrestling è in lacrime per la morte di Antonio Inoki all’età di 79 anni. Soffriva di amiloidosi cardiaca. Un simbolo, di più, una leggenda di questa disciplina. Se il wrestling moderno ha avuto successo, lo si deve a questo giapponese alto 190 centimetri e dal peso di poco più di 100 chili (102). A dare la triste notizia sono stati i media nipponici, che hanno citato fonti vicino al campione. Un eroe moderno del Sol Levante. In un Paese nel quale le arti marziali e il sumo la fanno da padrone, Inoki è andato controcorrente, sfruttando il suo fisico e portando in giro per il mondo la bandiera giapponese in mezzo a wrestler statunitensi, inglesi o francesi. In primis, è per questo che il nome di Inoki sarà indimenticabile.
Nato a Yokohama, Inoki si trasferì da studente in Brasile. Ed è in Sudamerica che questo giovane ragazzo, appena 17enne, decide di intraprendere la carriera del wrestling e diventare così un lottatore professionista. Merito, si è sempre detto, con un suo connazionale, un impresario giapponese.
Famoso per il fisico statuario e il mento straordinariamente prolungato, insieme all’altro wrestler giapponese, Shohei “Giant” Baba, Inoki è considerato l’artefice del successo del wrestling moderno, con la fondazione della lega professionistica a partire nel 1972 e l’avvento della televisione a bordo ring.
A metà degli anni ‘70 la sua popolarità viene cementata ancora di più dall’incontro che decide di fare addirittura con il Re della boxe, uno dei più grandi atleti di sempre: Muhammad Ali. Accade nel 1976 al Nippon Budokan di Tokyo e naturalmente è un evento meravigliosamente globale.
Ben 12 anni dopo, nel 1988, Inoki decide di ritirarsi dal ring. Ma lontano dal wrestling la luce non si spegne. Anzi, è sempre più luminosa. Perché già nel 1989 Inoki viene eletto al Parlamento giapponese tra le file del partito “Sport e Pace”, mostrando tutte le sue qualità e il suo impegno in un’intensa attività diplomatica. Prima in Iraq nel 1990, per il rilascio di ostaggi giapponesi all’inizio della Guerra del Golfo, poi nel corso degli anni in Corea del Nord, per trattare con il regime di Pyongyang, tramite canali non ufficiali, la questione dei tanti ostaggi nipponici del regime.
Le sue condizioni di salute si aggravano nel luglio 2020, quando questo gigante capace di fare tutto, ammette di avere problemi di cuore. E adesso che non c’è più, non lo piange solo il Giappone.
Inoki era talmente famoso nella cultura pop da ispirare anche il famoso manga nipponico L’uomo tigre, diventato poi cartone animato di successo mondiale negli anni 70 e 80, Italia compresa.
Articolo originale: Corriere.it.