In un crepuscolo arido, dove il cielo si tinge di un rosso ferroso, Howard Bowie avanza, avvolto nel suo K-19 Phantom, un esoscheletro NAP che stride sotto il peso della missione. È il futuro, un’epoca in cui le armi di distruzione di massa sono bandite, sostituite da conflitti chirurgici tra unità d’élite in corazze futuristiche. Howard, soldato della legione straniera di El Sharia, ha un compito: infiltrarsi nel cuore del territorio nemico, il Punto A-46K Bloody Axis, per annientare l’ultima arma proibita. La sua ombra si staglia contro dune di metallo contorto, mentre il rombo delle esplosioni scandisce il ritmo di una guerra che non concede tregua. Final Zone, riedizione di un classico del 1990 targato Wolf Team e riportato in auge da Ratalaika Games, arriva su PC tramite Steam, PlayStation 4, PlayStation 5, Nintendo Switch, Xbox One e Xbox Series X|S, invitando i giocatori a rivivere un’epoca di sparatutto isometrici tanto affascinanti quanto spietati.
Un’eredità di piombo e pixel
La genesi di Final Zone risale a un’era in cui i videogiochi erano sperimentazioni audaci, spesso limitati dalla tecnologia ma traboccanti di idee. Sviluppato da Wolf Team, il titolo originale si distinse per la sua prospettiva isometrica e l’approccio tattico alla gestione delle armi, caratteristiche che la riedizione odierna conserva con fedeltà quasi reverenziale. Il giocatore veste i panni di Howard Bowie, comandante dell’unità Team Undead, impegnato in sette scenari densi di tensione, ciascuno culminante in scontri contro boss che richiedono riflessi affilati e strategia. La possibilità di equipaggiare il NAP con un arsenale di venti armi, di cui solo due utilizzabili simultaneamente, dona una profondità sorprendente per un gioco nato trentacinque anni fa. L’armamento primario, montato sul braccio del mech, si affianca a un’arma secondaria sulla schiena, offrendo varianti d’attacco che arricchiscono il gameplay senza mai risultare banali. Tuttavia, la perdita di queste armi in caso di danni gravi al NAP aggiunge un elemento di rischio che punisce gli errori con una severità tipica del retrogaming.
Un’ode tecnica al passato
Dal punto di vista tecnico, Final Zone si presenta come un prodotto che bilancia nostalgia e funzionalità moderne. La riedizione di Ratalaika Games introduce feature che mitigano la difficoltà intrinseca del titolo originale, come la funzione di rewind, che consente di ripetere sezioni critiche fino alla perfezione, o il turbo, che accelera l’azione per i giocatori più impazienti. La possibilità di salvare in qualsiasi momento e di applicare filtri visivi, che spaziano da un’estetica retrò a un monocromatico d’atmosfera, arricchisce l’esperienza senza snaturarla. La galleria di illustrazioni, poster e design originali, insieme alla jukebox che permette di ascoltare le tracce composte da Motoi Sakuraba e Masaaki Uno, rappresenta un omaggio tangibile alla storia del gioco. La colonna sonora, in particolare, è un gioiello: le composizioni di Sakuraba, noto per opere come Star Ocean e Dark Souls, intrecciano melodie epiche e ritmi incalzanti che elevano ogni battaglia. Tuttavia, non tutto è impeccabile: il gioco sembra girare a una velocità PAL europea, con occasionali rallentamenti, e l’audio presenta lievi ticchettii che possono disturbare i più attenti. Questi difetti, pur minori, ricordano che ci troviamo di fronte a un titolo che porta con sé il peso della sua epoca.
Sfide e fascino di un’epoca perduta
Il gameplay di Final Zone è un viaggio indietro nel tempo, con tutto il fascino e le asperità che ciò comporta. Attraversare i campi di battaglia richiede di eliminare un numero prefissato di nemici specifici per accedere al boss di fine livello, un sistema che premia la precisione e punisce l’improvvisazione. I comandi, fedeli all’originale, risultano rigidi per gli standard odierni, con una risposta che può spiazzare chi è abituato a titoli più fluidi. La difficoltà elevata, tipica degli sparatutto degli anni ’90, è mitigata da opzioni come i cheat, che offrono vite infinite o invulnerabilità, rendendo il gioco accessibile anche ai meno esperti. Tuttavia, è proprio nell’intransigenza della sfida che Final Zone trova la sua identità: ogni errore è una lezione, ogni vittoria una conquista. La varietà degli stage, dalle fortezze desolate alle basi tecnologiche, mantiene alta l’attenzione, mentre i boss, con i loro pattern complessi, rappresentano il culmine di un’esperienza che non fa sconti.
Un ponte tra passato e presente
Final Zone non è un semplice revival, ma un dialogo tra epoche. La riedizione curata da Ratalaika Games riesce a preservare l’anima del titolo originale, arricchendolo con strumenti che lo rendono fruibile senza tradirne lo spirito. La scelta di mantenere intatta la difficoltà e l’approccio tattico, pur offrendo opzioni moderne, dimostra un rispetto per il pubblico di retrogamer, ma anche un’apertura verso nuovi giocatori curiosi di esplorare le radici del genere. Il prezzo accessibile lo rende un acquisto allettante per chi cerca un’esperienza che unisca nostalgia e sfida, anche se i limiti tecnici e la rigidità dei comandi potrebbero scoraggiare chi non ha familiarità con il retrogaming. È un titolo che non cerca di compiacere tutti, ma che si rivolge con decisione a chi apprezza la storia videoludica e le sue complessità.
