Sid non aveva più scritto una sola riga da giorni. Il cursore lampeggiava immobile sullo schermo, come un respiro sospeso. La luce estiva filtrava dalle tende, i suoni della strada arrivavano ovattati, e nella mente si affacciavano frammenti di un tempo che sembrava irrimediabilmente lontano. Poi, una telefonata. La casa d’infanzia, venduta. Una festa d’addio. Un ultimo ritorno. Così comincia Forgotten Fields, avventura narrativa disponibile su PlayStation 5, Xbox Series X|S, Xbox One, Nintendo Switch e PC, sviluppata da Frostwood Interactive e pubblicata da Nejcraft Interactive. Un’opera che scarta con decisione ogni dinamismo ludico, per concentrarsi su ciò che resta quando l’azione si spegne: i sentimenti, le parole, le memorie.
Una scrittura in bilico tra ieri e oggi
Protagonista del gioco è Sid, giovane scrittore in piena crisi creativa, schiacciato da una scadenza imminente e da un’ispirazione che non arriva. La sua routine quotidiana viene infranta da un invito inatteso: tornare nel luogo dove è cresciuto, per celebrare insieme alla madre e ai vecchi amici l’addio alla casa di famiglia. Da questa semplice premessa si sviluppa un racconto che intreccia presente e passato, realtà e immaginazione, con una delicatezza rara nel panorama videoludico.
Il cuore pulsante di Forgotten Fields è la sua narrazione. Attraverso dialoghi semplici ma sinceri, il giocatore viene accompagnato lungo un percorso fatto di reminiscenze e riconciliazioni. L’aspetto più interessante risiede nella struttura metanarrativa dell’opera: accanto agli eventi vissuti da Sid, si sviluppa in parallelo la storia fantasy che egli sta cercando di scrivere, ambientata in un mondo simbolico e onirico. Le due dimensioni si specchiano e si influenzano, suggerendo come ogni processo creativo sia profondamente radicato nell’esperienza personale.
Il tono è quello della malinconia dolce, mai ricattatoria. Il tempo non viene affrontato come una ferita, ma come un fiume da cui riemergono oggetti e volti familiari, pronti a restituire senso al presente. In questo, il titolo rievoca opere come Rainswept (firmato dallo stesso studio), ma anche certe istanze narrative del cinema indipendente. Il risultato è un’esperienza intima, riflessiva, che si nutre del silenzio più che dell’azione.
Estetica della semplicità
Dal punto di vista visivo, Forgotten Fields adotta uno stile grafico low-poly dai colori pastello, che si sposa perfettamente con il tono pacato della narrazione. I paesaggi marini, i sentieri di campagna, le stanze della vecchia casa sono resi con una sintesi che non rinuncia alla suggestione. I modelli dei personaggi sono essenziali, ma funzionali: più che rappresentare, evocano. L’effetto complessivo è quello di un album di ricordi, sfogliato con la punta delle dita.
Nonostante la scelta stilistica minimalista, su PlayStation 5 si riscontrano alcune incertezze tecniche: piccoli rallentamenti nelle transizioni tra ambienti, collisioni a tratti imprecise e animazioni che non sempre risultano fluide. Si tratta di imperfezioni che non compromettono la fruizione generale, ma che evidenziano i limiti produttivi del progetto. La colonna sonora, composta da micAmic, si conferma invece una delle punte di diamante del gioco: pianoforte, chitarra acustica e lievi texture ambientali accompagnano ogni scena con estrema sensibilità, sottolineando con discrezione gli snodi emotivi più significativi.
Il comparto sonoro lavora in tandem con il ritmo narrativo: entrambi lenti, misurati, come sospesi in una dimensione fuori dal tempo. È una lentezza cercata, coerente, che può non soddisfare chi preferisce esperienze videoludiche più dinamiche, ma che risulta perfettamente funzionale alla poetica del gioco.
Giocare con la memoria
Il gameplay, volutamente ridotto all’essenziale, alterna sezioni esplorative e dialoghi a brevi minigiochi e puzzle rilassanti. Questi ultimi sono semplici, ma ben integrati nel flusso narrativo, pensati per accompagnare l’esperienza piuttosto che interromperla. Non c’è spazio per punteggi, vite, o ostacoli: si tratta di un viaggio tutto interiore, in cui il giocatore è chiamato più ad ascoltare che a interagire.
La durata complessiva si attesta intorno alle quattro ore, tempo sufficiente per costruire un rapporto con i personaggi e lasciarsi toccare dalla loro umanità. Nonostante la totale assenza della lingua italiana, il livello di inglese richiesto è accessibile, e la comprensione degli eventi non risulta compromessa nemmeno per chi padroneggia poco l’idioma. La scrittura, sia nei dialoghi che nei monologhi interiori di Sid, è limpida, priva di inutili orpelli, e capace di restituire con efficacia i moti d’animo più sfumati.
In definitiva, Forgotten Fields è un’opera fuori dal tempo e fuori dai generi, che parla con dolcezza di qualcosa che tutti, prima o poi, siamo chiamati ad affrontare: la perdita, il cambiamento, e l’urgenza di ricordare. È un titolo che non si limita a raccontare una storia, ma invita a riflettere sulla nostra.
