Nel panorama della cultura pop, due nomi risuonano con forza: Hideo Kojima, genio creativo dietro capolavori videoludici come Metal Gear Solid e Death Stranding, e Junji Itō, maestro indiscusso del manga horror con opere inquietanti come Uzumaki e Tomie. Di recente, questi due titani si sono riuniti in un’intervista affascinante pubblicata sul sito di notizie giapponese AERA dot, offrendo al pubblico un’occasione unica per immergersi nelle loro menti e scoprire le influenze che hanno plasmato la loro arte.
L’incontro tra Kojima e Itō non è una novità per i fan: entrambi hanno collaborato al progetto cancellato Silent Hills insieme a Guillermo Del Toro, e i più attenti avranno notato il cameo di Itō in Death Stranding. C’è un filo rosso che lega queste due figure: la passione per l’orrore e la capacità di creare mondi narrativi che sconvolgono e affascinano allo stesso tempo.
Nell’intervista, Kojima e Ito ripercorrono i loro passi, affondando nelle memorie della giovinezza e raccontando le prime letture che hanno acceso la loro scintilla creativa. Entrambi nati nel 1963, hanno condiviso la stessa infanzia immersa in serie TV giapponesi iconiche come Ultraman e Kamen Rider. Ma è quando si parla di libri che l’intervista entra nel vivo, svelando le vere radici della loro arte.
Kojima, mente visionaria e narrativa sopraffina, ha rivelato l’impatto profondo del celebre romanziere giapponese Kōbō Abe, in particolare del suo romanzo La donna di sabbia. L’ambientazione claustrofobica e le riflessioni esistenziali di quest’opera fantascientifica hanno lasciato il segno su Kojima, che ha apprezzato il modo in cui Abe “stravolge il tempo, lo spazio e l’ambiente per racchiudervi qualcosa di umano”.
L’amore di Kojima per Abe lo ha portato ad esplorare anche l’adattamento cinematografico del 1964 diretto da Hiroshi Teshigahara, incluso nella Criterion Collection. Un ulteriore tassello che compone il mosaico delle sue influenze.
Itō, dal canto suo, ha confessato la sua passione per il genere horror fin dalla giovane età, alimentata da letture come Miira Sensei del maestro Kazuo Umezu, che narra di una studentessa perseguitata dalla sua insegnante mummificata. Questo lo ha spinto a divorare “ogni tipo di manga bizzarro”, rimanendo particolarmente colpito da Butterfly Grave di Umezu del 1968, lodandone la trama ineccepibile e la maestria compositiva.
L’influenza di Umezu, Shinichi Koga e Hideshi Hino, altri esponenti di spicco del manga horror, è evidente nelle inquietanti creazioni di Itō, che ha inoltre dichiarato la sua ammirazione per la fantascienza. Tra le sue opere preferite figura 24-hour intruder di Taku Mayumura del 1985, di cui ha apprezzato particolarmente le illustrazioni di Takashi Yorimitsu, definite “realistiche e sexy”. Kojima, da fine osservatore, ha subito riconosciuto l’eco di Yorimitsu nelle affascinanti figure femminili disegnate da Itō.
L’intervista tra Kojima e Itō si configura come un viaggio affascinante nelle profondità creative di due maestri, svelando le influenze letterarie e artistiche che hanno dato vita alle loro opere iconiche. Un incontro che evidenzia la profonda interconnessione tra diversi media e sottolinea il potere dei libri e dei manga di nutrire la creatività e generare mondi di terrore e meraviglia che continuano ad appassionare il pubblico a livello globale.
Fonti consultate: Automaton.