La plastica scricchiolava mentre si liberava dall’involucro. Le giunture, appena snodate, si adattavano a una postura da battaglia, gli occhi fissi sulla scatola dove giaceva l’Hypercore. Il sergente Max Ammo indicava la via: un letto trasformato in campo di guerra, una libreria divenuta torre di difesa. Dall’ombra della scrivania emergevano i primi nemici, un esercito di pupazzi ribelli, guidati da un’entità oscura: Major Evil. Non c’era tempo per riflettere. Le armi erano giocattoli, ma la posta in gioco era reale. Salvare l’Hypercore significava proteggere i ricordi. Hypercharge: Unboxed, sviluppato e pubblicato da Digital Cybercherries, è disponibile su PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One, Xbox Series X|S e PC attraverso Steam.
Giocattoli in armi e nostalgia in movimento
L’idea alla base di Hypercharge: Unboxed è tanto semplice quanto affascinante: vestire i panni di un’action figure e combattere in ambienti domestici trasformati in arene belliche. Il fascino dell’immaginazione infantile viene ricreato con cura, evitando derive caricaturali o eccessi da fan service. La narrazione è leggera, quasi evocata, e lascia spazio all’azione: difendere l’Hypercore da orde di nemici giocattolo attraverso una struttura a ondate, con la possibilità di predisporre difese tra un attacco e l’altro.
Il cuore pulsante del gioco è il suo gameplay, un ibrido tra shooting in prima e terza persona e tower defense, che non rinuncia a un ritmo adrenalinico e accessibile. Le meccaniche permettono di alternare fasi esplorative – in cui si raccolgono risorse, si costruiscono trappole e torrette – a momenti di puro combattimento, in cui orde di soldatini verdi, trottole impazzite e robot spara-missili assediano l’obiettivo. Il sistema di controllo su DualSense risponde con prontezza, restituendo sensazioni tattili ben calibrate, con una mira fluida e un’interfaccia priva di inutili complicazioni.
La campagna è pensata per la cooperativa, ma il titolo non abbandona chi gioca da solo. I bot integrati sono sorprendentemente competenti: costruiscono, reagiscono, supportano, e contribuiscono a mantenere alto il dinamismo delle partite. L’inclusione di uno split-screen locale, sempre più raro, rappresenta un valore aggiunto, così come la possibilità di affrontare il titolo offline, in completa autonomia.
Progressione classica e contenuti senza trappole
Uno degli aspetti più lodevoli di Hypercharge: Unboxed è il suo rispetto per il giocatore. Tutto ciò che può essere sbloccato – skin, componenti, personaggi – è ottenibile giocando. Non esistono microtransazioni o scorciatoie a pagamento. Questa filosofia, che richiama un’epoca pre-economia digitale, incoraggia la dedizione e premia la costanza, anche se comporta inevitabilmente una certa dose di grinding, specialmente per chi cerca il completismo.
L’offerta ludica si arricchisce con modalità PvP ben realizzate, che spaziano dal classico deathmatch alla cattura della batteria, fino a modalità più creative come Infezione e Re della collina. Queste aggiunte diversificano l’esperienza e rompono il potenziale senso di ripetitività della modalità principale. La varietà non è travolgente, ma è gestita con criterio e bilanciata da un sistema di progressione solido.
L’aspetto tecnico del titolo è coerente con la sua identità: gli ambienti sono ricchi di dettagli e giocano con la scala in maniera ingegnosa. Stanze da letto, bagni e garage diventano labirinti di plastica e legno, con scorciatoie verticali, nascondigli e spazi sopraelevati. La grafica non punta al fotorealismo, ma a un’estetica funzionale e leggibile, con qualche sbavatura nelle texture e occasionali discontinuità nell’illuminazione, che tuttavia non compromettono l’esperienza.
Memoria, gioco e identità
Hypercharge: Unboxed è anche un gioco sulla memoria. L’Hypercore, cuore simbolico e letterale del gameplay, incarna il desiderio di trattenere i ricordi d’infanzia attraverso il medium ludico. Questa metafora, pur semplice, vibra costantemente in sottofondo e dà coerenza all’intera esperienza. Ogni battaglia combattuta su una mensola polverosa, ogni arma assemblata con pezzi sparsi tra tappeti e mattoncini colorati, richiama un immaginario condiviso, che si traduce in emozione concreta.
Il titolo non cerca di reinventare il genere, né di stupire con trovate rivoluzionarie. La sua forza risiede nella cura per il dettaglio, nella sincerità del design e nella capacità di offrire un’esperienza ludica completa, libera da compromessi economici. È un gioco che non promette più di quanto possa mantenere, e lo fa con una leggerezza strutturata, capace di far tornare il giocatore bambino, senza mai trattarlo da tale.
