Negli ultimi giorni, i social media giapponesi sono stati teatro di un vivace dibattito attorno alle previsioni del celebre regista Hideaki Anno, noto per la serie di culto Neon Genesis Evangelion, sulla futura traiettoria dell’industria anime. In un’intervista risalente al 2015, Anno aveva espresso preoccupazione per il destino di questo settore, sostenendo che la produzione di anime in Giappone fosse ormai in declino e che, a breve, avrebbe potuto cedere il passo ad altre realtà asiatiche. Quasi un decennio dopo, i commenti del regista stanno suscitando accesi scambi di opinioni tra fan e addetti ai lavori.
Nel 2015, Anno aveva previsto che il modello di produzione anime giapponese non avrebbe potuto reggere per più di cinque anni, citando una carenza di risorse umane e finanziarie che avrebbe minato la competitività del Giappone nel settore. Secondo il regista, tale situazione avrebbe potuto portare a una decentramento della produzione verso altri Paesi asiatici, in grado di offrire condizioni più favorevoli. Tuttavia, Anno chiariva che, anche se il Giappone avrebbe potuto perdere il suo ruolo centrale, gli anime stessi non sarebbero scomparsi, ma piuttosto avrebbero visto un cambiamento nei luoghi di realizzazione.
Le parole di Anno hanno diviso il pubblico. Alcuni utenti, sostenendo la sua visione, riconoscono le sfide strutturali e finanziarie che l’industria degli anime affronta. Tra i commenti, emergono riflessioni sulle difficoltà legate ai finanziamenti e alla gestione delle risorse, evidenziando che la crescita di investimenti esteri potrebbe determinare uno spostamento del fulcro produttivo al di fuori del Giappone, limitando la leadership del Paese in un ambito che ha contribuito a plasmare. “Anno potrebbe avere ragione: l’industria anime giapponese sta lottando per rimanere competitiva”, osserva un utente, sottolineando come le sfide economiche potrebbero trasformare il Giappone in un fornitore marginale, più che in una guida.
Dall’altro lato, però, non manca chi respinge le previsioni di Anno, considerandole eccessivamente pessimistiche. “Quando dovrebbe finire?” replica un utente, rilevando che, sebbene il settore presenti indubbiamente delle difficoltà, il collasso previsto dal regista appare ancora lontano. Alcuni commenti mettono in dubbio la validità della sua analisi, suggerendo che le sue parole possano essere influenzate da un’esperienza personale piuttosto che da un’analisi oggettiva delle dinamiche attuali. Un altro commento ribatte, in tono critico, che Anno non dovrebbe giudicare l’intero settore come se fosse un problema esclusivamente personale.
Il dibattito ha portato alla luce altre questioni interne all’industria, come l’eccessivo numero di anime prodotti ogni stagione, la mancanza di originalità e la dipendenza dai generi popolari, in particolare l’isekai. “Ci sono solo opere isekai mediocri”, afferma un commento, suggerendo che la proliferazione di serie stereotipate possa effettivamente contribuire a indebolire il settore. Questo, secondo alcuni, evidenzierebbe la necessità di modelli creativi più innovativi e di una maggiore attenzione alla qualità piuttosto che alla quantità.
Infine, emerge la crescente dipendenza dall’outsourcing cinese, con diversi utenti che sottolineano come la Cina abbia ormai superato il Giappone in termini di volume e di potenziale di mercato. La concorrenza cinese è vista come una minaccia concreta alla leadership giapponese, poiché il Paese ha saputo investire massicciamente in tecnologia e forza lavoro qualificata. Un utente, con toni provocatori, ipotizza che presto la Cina dominerà l’industria, producendo anime di alta qualità per un pubblico globale.
In definitiva, il dibattito acceso attorno alle parole di Hideaki Anno riflette una preoccupazione più ampia sulla direzione che l’industria giapponese degli anime potrebbe prendere nei prossimi anni.
Fonti consultate: Yaron.