Pervicace e difficile da estirpare come i peggiori luoghi comuni o le barzellette sui carabinieri, la leggenda che avvolge la sigla di Jeeg robot d’acciaio trova ancora terreno fertile tra gli italici boccaloni, biologicamente predisposti a prender per buona qualsiasi vaccata leggano in rete.

Ora, gli adepti di questa scuola di pensiero, ignorando persino l’esistenza dell’ottimo Roberto Fogu, ritengono che a cantare la sigla del mitico robot assemblabile sia stato il nostro Piero Pelù, all’epoca, dati anagrafici alla mano, neppure maggiorenne.

Quando si cerca d’indurli alla ragione, non sono disposti a cedere il passo ai fatti e accusano l’interlocutore di essere strumento di un complotto legato al gruppo Bilderberg, tirano in ballo i Rothschild, i protocolli dei savi di Sion e, arma finale, chiedono cos’abbia fatto tu fino a oggi per riportare a casa i marò.

Purtroppo, a forza di gridare “al lupo”, il buon Pierino (Pelù) ha voluto interpretare sul serio la sigla di Jeeg robot d’acciaio, con risultati al limite del vilipendio e della denuncia penale. La sigla, che potete ascoltare nel video che segue questo paragrafo, è presente nella versione deluxe di Fenomeni, album del cantante fiorentino, inciso nel 2008.
Pare che l’anima di Fogus abbia fatto visita nottetempo al collega, accompagnato dagli spiriti del Natale passato, presente e futuro, per indurlo a mettere in repertorio qualche pezzo di Cristina D’Avena o, in alternativa, darsi all’agricoltura, possibilmente a tempo pieno.

In realtà la sigla è una cover dell’originale giapponese, cantata da Ichiro Mizuki, abbellita con parti d’organo Hammond e sintetizzatori, ma soprattutto rafforzata nel testo. Nell’originale ci sono più pam, pam parapapam che nel ritornello di “Little drummer boy”, al punto di sospettare l’autore di plagio oppure di averne fatto una rivisitazione techno-mechara.
La versione italiana, invece, è l’esaltazione dell’eroe solitario, un’esondazione di trucido machismo, un inno che molti di noi vorremmo sentir riecheggiare allo stadio a sostituire quello di Mameli.

La canzone è tutta per Hiroshi, sottacendo il fatto che, in ogni caso, è un po’ da paraculi affrontare mostri di pietra con un robot fatto d’acciaio (però quando li attira coi superneutroni e poi li sbriciola con la stretta dell’orso…). Non una parola per Miwa o per il povero dottor Shiba che, portando all’estremo lo spirito del samurai, riesce a morire due volte nella stessa serie. Ma quel “cuore e acciaio” fa annegare ogni critica (e persino Pelù) in un mare di testosterone, e nell’entusiasmo di una generazione intera (in verità perlopiù di maschietti) che da questa sigla è stata plasmata. Dopo tanti anni noi restiamo tutti con lui, perché lui, lui è Jeeeeeeg…
Quindi è vero che non la cantava Pelù? Perché ne ho sentite di ogni in questi anni!!!