La stanza cambia forma a ogni battito di ciglia. Scale che salgono al contrario, archi che svaniscono, volti familiari distorti nel buio. Aleksandra non sogna: rivive un incubo tangibile, prigioniera del Dado Nero, nel cuore di Alea. Una volta regina, ora è una fuggitiva guidata solo dalla speranza, dalla furia e dal rollio irregolare del suo dado senziente, Fortuna. Inizia così Lost in Random: The Eternal Die, spin-off di Lost in Random sviluppato da Stormteller Games e pubblicato da Thunderful Publishing, disponibile su PC via Steam, PlayStation 5, Xbox Series X|S e Nintendo Switch. La versione testata su console Sony conferma l’intento degli sviluppatori: ampliare il mondo creato da Zoink nel 2021, declinandolo in una formula roguelike che affida al caso e alla strategia la sopravvivenza del giocatore.
Un sistema di gioco imprevedibile ma solido
Se nel primo titolo si seguivano le gesta della giovane Even, qui si assume il controllo dell’antagonista Aleksandra, la cui evoluzione narrativa offre uno sguardo inedito sul mondo gotico di Alea. La struttura ludica è radicalmente cambiata: Lost in Random: The Eternal Die abbandona l’avventura lineare per abbracciare un sistema roguelike a base di combattimenti in tempo reale, carte potenziamento e biomi generati proceduralmente. L’azione è scandita da scontri dinamici dove si alternano fendenti, schivate, evocazioni e lanci di Fortuna, il dado antropomorfo che influisce direttamente sull’esito del combattimento.
Il gameplay si struttura attorno a quattro armi principali, ognuna con un proprio ritmo: dal martello devastante all’arco silenzioso, dalla lancia perforante alla spada bilanciata. Il sistema di carte e reliquie permette di costruire sinergie articolate, modificando radicalmente le capacità offensive o difensive della regina. Fortuna, al centro di ogni dinamica, può essere lanciato per attivare effetti legati al numero ottenuto, ma va poi recuperato manualmente, aggiungendo un elemento tattico al posizionamento in campo. La possibilità di equipaggiare Benedizioni permanenti e potenziamenti progressivi restituisce una sensazione di crescita concreta anche dopo la sconfitta, fondamentale in una struttura a loop come questa.
Estetica visionaria e atmosfera immersiva
L’ambientazione conserva il fascino grottesco del predecessore, accentuandone i tratti burtoniani: paesaggi decadenti, architetture contorte, esseri mascherati da tragedia e follia. I quattro biomi offrono scenari eterogenei, dall’opprimente labirinto meccanico ai boschi infestati, fino a città sghembe sospese sul nulla. Ogni luogo non è solo cornice estetica, ma teatro vivo di variazioni meccaniche e narrazioni minori che arricchiscono il contesto. Il comparto sonoro, con musiche eteree e malinconiche, amplifica il senso d’alienazione, mentre il doppiaggio inglese risulta curato anche per i personaggi secondari. Tutti i testi a schermo sono localizzati in italiano.
Dal punto di vista tecnico, la versione PlayStation 5 garantisce una fluidità costante e caricamenti rapidi. I comandi rispondono con precisione, e ogni arma ha una fisicità distinta che premia la padronanza. Tuttavia, l’esperienza è talvolta segnata da un ritmo altalenante: alcune run soffrono un disequilibrio tra difficoltà e progressione, specie nelle prime fasi, dove la scarsità di reliquie può generare frustrazione. La varietà dei nemici è buona, ma dopo svariate ore l’effetto sorpresa tende a dissolversi, lasciando spazio a un senso di ripetizione.
Un roguelike che invita a rischiare
Il punto di forza di Lost in Random: The Eternal Die risiede nella combinazione tra imprevedibilità e controllo. Il giocatore è continuamente stimolato a gestire risorse, adattarsi al caso e perfezionare le sinergie fra armi, carte e reliquie. Ogni morte è occasione di apprendimento, ogni ritorno al Santuario consente nuove scelte e aperture strategiche. Le missioni secondarie, i potenziamenti e la progressione del dado stesso mantengono vivo l’interesse anche oltre la narrazione principale, che resta più un pretesto evocativo che una trama articolata.
Rispetto ad altri esponenti del genere, il titolo Stormteller non eccelle in innovazione, ma riesce a integrare la propria identità visiva e narrativa con un gameplay solido, per quanto migliorabile in alcuni bilanciamenti. La possibilità di finali alternativi, unita alla natura generativa degli scontri e alla ricchezza delle opzioni disponibili, invita alla rigiocabilità, pur senza raggiungere l’eccellenza del genere.
