In un angolo dimenticato del Ragast, dove le ombre danzano come marionette di un teatro macabro, Morkull, Dio della Morte e dell’Oscurità, si destò dal suo torpore millenario. Con un ghigno beffardo stampato sul volto, si rivolse a un’entità invisibile – noi, i giocatori – confessando di aver compreso la verità: il suo mondo, un intreccio di piattaforme e nemici, altro non era che un costrutto digitale, un capriccio degli sviluppatori di Disaster Games. “Vi aiuterò a liberarmi da questo Morkull Ragast’s Rage,” dichiarò con voce cavernosa, “ma solo per piegare ogni cosa al mio volere!” Così inizia un’avventura che mescola caos, ironia e un’insolita complicità tra il cattivo e chi impugna il controller, un viaggio che ci conduce dritti al cuore di questa recensione, dove l’audacia creativa si scontra con le imperfezioni di un’opera tanto affascinante quanto incompiuta.
Sviluppato dal team spagnolo di Disaster Games e distribuito da Selecta Play, questo titolo bidimensionale, disponibile su PlayStation 5, Nintendo Switch, Xbox Series X|S e PC tramite Steam, fonde con audacia il genere platform e l’azione a un’esplorazione leggera, condita da una narrazione che sfonda con decisione la quarta parete. Protagonista assoluto è Morkull, autoproclamato Dio della Morte e dell’Oscurità, nonché Signore del Ragast, un villain tanto carismatico quanto cosciente di abitare un universo fittizio, plasmato dagli sviluppatori e mosso dalle mani del giocatore. La nostra analisi si concentra sulla versione per PlayStation 5, un’esperienza che alterna momenti di brillante inventiva a inciampi tecnici che ne smorzano, in parte, l’ambizione.
Un cattivo consapevole al centro della scena
La trama di Morkull Ragast’s Rage ruota attorno alla fuga del suo protagonista dal Ragast, una dimensione che lo imprigiona, con l’obiettivo di scatenare i suoi piani di conquista globale, intrisi di quel tocco di malvagità caricaturale che ne definisce il carattere. Ciò che rende il gioco immediatamente distintivo è la capacità di Morkull di dialogare con il giocatore, rompendo la barriera tra finzione e realtà con un umorismo tagliente, spesso arricchito da riferimenti alla cultura popolare e da battute che oscillano tra il brillante e il volutamente triviale. Questa scelta narrativa, che fa del protagonista un commentatore onnisciente della propria condizione videoludica, dona al titolo una personalità spiccata, sebbene non sempre riesca a mantenere una coerenza comica: alcuni scambi possono risultare ripetitivi o eccessivamente forzati, rischiando di diluire l’effetto sorpresa che dovrebbero suscitare. Tuttavia, è innegabile che il carisma di Morkull, animato da una scrittura vivace e da una recitazione che ne accentua il tono sardonico, rappresenti il cuore pulsante dell’esperienza, capace di strappare più di un sorriso anche nei momenti meno ispirati.
Dinamiche di gioco: tra potenza divina e imprecisioni terrene
Sul fronte del gameplay, Morkull Ragast’s Rage si presenta come un ibrido che intreccia sezioni di platforming a un sistema di combattimento corpo a corpo dalle potenzialità intriganti. Nei panni del Dio della Morte, il giocatore ha a disposizione un arsenale di combo e abilità che sfruttano la natura oscura del protagonista, permettendo di affrontare i nemici disseminati nei meandri del Ragast con una certa fluidità. La varietà di mosse, che spazia da attacchi rapidi a colpi più devastanti, offre una discreta soddisfazione, ma l’esecuzione tecnica non è sempre all’altezza: il rilevamento dei colpi appare talvolta approssimativo, e la reattività dei controlli può vacillare, specialmente nelle situazioni che richiedono precisione. Le sezioni di piattaforme, d’altro canto, alternano spunti intelligenti – come ostacoli che richiedono un uso creativo delle abilità di Morkull – a momenti di frustrazione, dovuti a un level design non sempre equilibrato e a un posizionamento degli avversari che può sembrare punitivo più che stimolante. Questi difetti, pur non compromettendo del tutto l’esperienza, ne limitano la capacità di brillare come un classico del genere.
Un’estetica artigianale che incanta, ma non sempre convince
Dal punto di vista visivo, Morkull Ragast’s Rage si distingue per un lavoro artigianale di pregio: ogni elemento, dai personaggi agli scenari, è disegnato a mano e animato fotogramma per fotogramma, richiamando l’estetica dei cartoni animati tradizionali e di altri titoli bidimensionali di culto. Le animazioni, fluide ed espressive, conferiscono a Morkull e al suo cast di comprimari una vitalità che amplifica il tono ironico del gioco, mentre il design caricaturale degli ambienti riflette con efficacia l’atmosfera surreale del Ragast. Tuttavia, questa cura estetica non si traduce sempre in una funzionalità impeccabile: gli sfondi, per quanto suggestivi, tendono a ripetersi e mancano di una varietà che tenga desta l’attenzione, mentre in alcune situazioni la confusione tra elementi interattivi e decorativi può portare a cadute accidentali o errori di valutazione. Sul piano sonoro, la colonna sonora accompagna con discrezione ma efficacia l’azione, con brani energici che sottolineano i combattimenti e motivi più cupi che evocano l’essenza oscura del protagonista. Gli effetti audio, pur adeguati, non spiccano per originalità, e la recitazione, sebbene funzionale, inciampa a volte in una delivery che amplifica eccessivamente il registro comico, perdendo in naturalezza.
In definitiva, Morkull Ragast’s Rage si configura come un titolo dal potenziale inespresso, un’opera che osa sperimentare con una premessa accattivante e un’identità visiva di carattere, ma che non riesce a levigare del tutto le proprie asperità tecniche e strutturali. La rottura della quarta parete e il carisma del suo protagonista lo elevano sopra la media dei platform d’azione, offrendo un’esperienza che sa divertire e sorprendere, soprattutto per chi apprezza un approccio meno convenzionale al genere. Tuttavia, le incertezze nei controlli, unite a un design dei livelli altalenante, potrebbero lasciare insoddisfatti i giocatori più esigenti, abituati a standard di precisione più elevati. È un gioco che si ama per i suoi guizzi di genialità, ma che richiede una certa indulgenza per essere apprezzato appieno.
