Il 4 aprile 1978, alle ore 18:45, la televisione italiana assistette a un evento destinato a segnare un’epoca. Sul Secondo Canale della Rai, oggi noto come Rai 2, debuttò Atlas Ufo Robot Goldrake, trasposizione animata del personaggio ideato da Gō Nagai e prodotta da Toei Animation. Trasmessa originariamente in Giappone tra il 1975 e il 1977 con il titolo UFO Robo Grendizer, la serie approdò in Italia con un adattamento che ne modificò il nome per esigenze estetiche e commerciali, dando vita a un fenomeno culturale senza precedenti. A 47 anni da quella première, è opportuno celebrare non solo la nostalgia, ma anche l’impatto tecnico, narrativo e sociologico di un’opera che ridefinì i paradigmi dell’intrattenimento per ragazzi.
Un pioniere dell’animazione mecha in Italia
Goldrake non fu semplicemente il primo anime robotico a raggiungere il pubblico italiano; fu il capostipite di un genere, quello dei super robot, che avrebbe dominato l’immaginario collettivo per oltre un decennio. La serie, composta da 74 episodi, si inserisce nella trilogia ideale di Gō Nagai, preceduta da Mazinga Z e Il Grande Mazinga, ma si distingue per una narrazione più matura e stratificata. Protagonista è Actarus (Daisuke Umon nella versione originale), principe del pianeta Fleed, rifugiatosi sulla Terra per sfuggire all’invasione dell’Impero di Vega. A bordo del suo robot trasformabile, Goldrake, Actarus difende il suo nuovo mondo da minacce aliene, incarnando un archetipo eroico che fonde sacrificio, resilienza e un’estetica futuristica.
L’arrivo di Goldrake in Italia coincise con un momento di transizione tecnologica e culturale. La televisione a colori, introdotta ufficialmente nel 1977, era ancora un lusso per molte famiglie, e la serie, con le sue animazioni vivide e dinamiche, rappresentò una delle prime occasioni per apprezzare il potenziale visivo del nuovo medium. Le sequenze di combattimento, caratterizzate da armi iconiche come l’Alabarda Spaziale (Double Harken) e il Maglio Perforante (Hand Drill), erano accompagnate da una regia che enfatizzava il movimento e l’impatto, sfruttando al massimo le possibilità dell’animazione tradizionale.
L’adattamento italiano: un caso di studio
Il titolo Atlas Ufo Robot nacque da una scelta editoriale della Rai e della doppiatrice Fede Arnaud, che optò per un nome evocativo e distintivo rispetto all’originale giapponese. Il termine “Atlas” richiamava la mitologia greca, mentre “Ufo Robot” enfatizzava l’elemento fantascientifico, rendendo il prodotto immediatamente riconoscibile. Il doppiaggio, curato da attori come Romano Malaspina (voce di Actarus), introdusse una drammaticità che amplificò l’intensità emotiva della serie, pur con alcune libertà creative nei dialoghi e nei nomi dei personaggi. La sigla italiana, composta da Vince Tempera, Luigi Albertelli e Ares Tavolazzi ed eseguita dagli Actarus, divenne un fenomeno a sé stante, con il suo refrain “Ufo Robot, Ufo Robot” che si radicò nella memoria collettiva.
Impatto culturale e legacy
L’introduzione di Goldrake segnò l’inizio di un’ondata di animazione giapponese in Italia, aprendo la strada a titoli come Jeeg Robot d’Acciaio, Daitarn 3 e, successivamente, i più complessi Mobile Suit Gundam e Zambot 3. A differenza dei cartoni animati occidentali dell’epoca, spesso limitati a narrazioni episodiche e leggere, Goldrake proponeva una continuity narrativa, temi di guerra e perdita, e un’estetica tecnologica che rifletteva le ansie e le speranze dell’era della corsa allo spazio. Questo approccio contribuì a elevare il medium animato, percepito fino ad allora come intrattenimento esclusivamente infantile, a una forma d’arte capace di parlare a un pubblico trasversale.
Il merchandising legato alla serie – dai modellini Bandai ai diari scolastici – alimentò un’industria parallela che trasformò Goldrake in un simbolo generazionale. I film di montaggio, distribuiti nei cinema italiani tra il 1979 e il 1980, pur criticati per la loro discontinuità narrativa, offrirono ai fan l’opportunità di rivivere le gesta del robot su grande schermo, spesso in technicolor, un’esperienza rara per l’epoca.
Il ritorno di un mito: Goldrake U e oltre
A 47 anni dal debutto italiano, Goldrake si prepara a una rinascita. Nel 2024, il Giappone ha accolto Goldrake U, un reboot animato prodotto da Gaina e diretto da Shun Kudō, che reinterpreta la storia originale con tecniche moderne pur mantenendo fedeltà al design di Shigenori Takada. Parallelamente, il videogioco UFO Robot Grendizer: Il Banchetto dei Lupi, sviluppato da Endroad e pubblicato da Microids, ha portato le battaglie di Actarus su piattaforme contemporanee, con una grafica in cel-shading che omaggia l’animazione tradizionale. In Italia, la Rai ha annunciato il ritorno della serie originale restaurata, un evento che promette di coniugare nostalgia e innovazione, potenzialmente in risoluzione 4K.
Atlas Ufo Robot Goldrake non è stato solo un prodotto televisivo, ma un catalizzatore culturale che ha ridefinito il rapporto tra infanzia, tecnologia e immaginario collettivo. La sua influenza si estende oltre i confini dell’animazione, toccando la musica, il design e persino la percezione della fantascienza in Italia. A quasi mezzo secolo dalla sua prima trasmissione, il ruggito dei motori di Goldrake continua a risuonare, testimone di un’epoca in cui un robot alieno seppe insegnare a una generazione il valore della lotta per la libertà.