In un villaggio avvolto dalla nebbia, tra le cime frastagliate di un Oriente senza tempo, il crepitio di un fuoco antico rompe il silenzio. Xiaolang, guerriero dimenticato da due secoli, si risveglia con le mani ancora calde di un potere elementale che non usa da troppo tempo. L’ombra oscura, un’entità che si nutre di caos e disperazione, è tornata a reclamare le terre che un tempo aveva dominato, rapendo i bambini e spezzando la fragile pace di un popolo indifeso. Con un’arma in pugno e il peso di un destino incerto sulle spalle, Xiaolang si lancia in una missione che è al contempo redenzione e vendetta. È questa la premessa di Shadow of the Orient, un titolo che Spacelab Games ha originariamente concepito per PC (via Steam), iOS e Android, e che ora, grazie a Dolores Entertainment, approda anche su PlayStation 4, PlayStation 5, Nintendo Switch, Xbox One e Xbox Series X|S, allargando il suo pubblico a una platea di console moderne e portatili. Ma il viaggio di Xiaolang, intriso di nostalgia e ambizione, riesce davvero a brillare in un’epoca dominata da produzioni sempre più complesse?
Un’ode al passato in pixel e lame
Shadow of the Orient si presenta come un platform d’azione a scorrimento laterale che strizza l’occhio ai classici dell’era arcade, un’epoca in cui la pixel art e i riflessi pronti erano tutto ciò che serviva per conquistare i giocatori. La storia si dipana attraverso tre mondi distinti, articolati in quindici mappe che alternano paesaggi montuosi, templi dimenticati e villaggi in rovina. Qui, Xiaolang affronta un’orda di nemici unici per ogni atto, da guerrieri mascherati a creature sfuggenti, fino a boss che richiedono strategia e pazienza. Il gameplay si fonda su un equilibrio tra combattimenti corpo a corpo, resi vivaci da una selezione di armi bianche, e attacchi a distanza che ampliano le opzioni tattiche. Non mancano cinque livelli di corsa veloce, pensati per mettere alla prova i riflessi, e aree segrete che premiano l’esplorazione con scorci nascosti e ricompense. L’estetica visiva, con la sua palette di colori vividi e dettagli minuti, richiama i fasti di un passato videoludico, accompagnata da una colonna sonora digitalizzata che intreccia melodie orientali a ritmi incalzanti, perfetti per esaltare l’atmosfera marziale. Eppure, dietro questa patina nostalgica, si nascondono crepe che non passano inosservate.
Tecnica e precisione: il tallone di Xiaolang
Se da un lato Shadow of the Orient cattura l’essenza dei platform d’azione con un ritmo serrato e una varietà di situazioni, dall’altro inciampa in dettagli tecnici che ne offuscano il potenziale. I controlli, pur intuitivi nella loro semplicità, mostrano una reattività altalenante: arrampicarsi su sporgenze o concatenare attacchi precisi diventa a volte un esercizio di pazienza, soprattutto nei segmenti verticali o contro nemici volanti. Le sezioni di platforming, che richiedono salti millimetrici per evitare trappole mortali, amplificano questa sensazione di approssimazione quando il personaggio non risponde come dovrebbe. Anche le animazioni, per quanto evocative nel loro stile retrò, appaiono rigide in alcuni frangenti, con transizioni che spezzano la fluidità dei combattimenti. Sul piano tecnico, il gioco si difende bene su tutte le piattaforme, con tempi di caricamento rapidi e una stabilità encomiabile, ma è evidente che un’ulteriore rifinitura avrebbe potuto elevarlo oltre la sua natura di omaggio al passato. La durata, relativamente contenuta, si aggira sulle poche ore per completare l’avventura principale, ma le modalità di difficoltà aggiuntive e le sfide di velocità offrono un incentivo a tornare sui propri passi, perlustrando ogni angolo delle mappe alla ricerca di segreti.
Un guerriero promettente ma incompiuto
Definire Shadow of the Orient con un solo aggettivo non è semplice, ma “fuocoso” sembra calzargli a pennello: un termine che ne cattura l’energia vibrante e il calore nostalgico, ma anche le scintille di un’esecuzione non sempre impeccabile. Il titolo di Spacelab Games, distribuito con cura da Dolores Entertainment, si rivolge a chi cerca un’esperienza veloce e senza fronzoli, capace di rievocare i pomeriggi trascorsi davanti a cabinati polverosi. La varietà di nemici e l’alternanza tra esplorazione e azione tengono alta l’attenzione, mentre la possibilità di scegliere tra armi diverse aggiunge un pizzico di personalizzazione al combattimento. Tuttavia, la mancanza di un elemento distintivo che lo faccia emergere tra i suoi simili – si pensi a titoli come Kemono Heroes o ai grandi classici del genere – lo rende un’opera solida ma non memorabile. I fan del genere troveranno pane per i loro denti, ma chi cerca una rivoluzione o una profondità narrativa potrebbe rimanere con un senso di incompiutezza. Xiaolang combatte con ardore, ma il suo viaggio, per quanto avvincente, non lascia un’impronta indelebile nel vasto territorio dei platform d’azione.
