Londra si risveglia sotto una pioggia sottile, il cielo grigio che si specchia nelle pozzanghere di un vicolo dimenticato. Michelle, cuffie nelle orecchie e mani infilate nel giubbotto, cammina svelta verso il negozio dove lavora, ignara che quella sarà l’ultima mattina di una vita normale. Un’ombra si staglia dietro di lei, un sussurro che sa di zolfo e promesse: la Duchessa, un arcidemone dagli occhi di brace, ha scelto proprio lei per un gioco crudele d’amore e dannazione. Quando il “Terzo Occhio” si apre per la prima volta, Michelle vede il mondo squarciarsi: il borgo si tinge di neon e ombre danzanti, gli abitanti rivelano demoni nascosti, e ogni passo diventa una lotta per spezzare la maledizione. È da questo istante, tra il clangore di un’insegna al vento e il ruggito di un’entità infernale, che prende il via Sorry We’re Closed, un viaggio che mescola orrore e introspezione in un survival horror dal sapore unico.
Michelle non si aspettava che il suo turno di notte in un negozietto di Londra finisse per scaraventarla in un incubo demoniaco. Eppure, è proprio da qui che Sorry We’re Closed prende il via, trasformando una routine qualunque in un viaggio disturbante, dove il confine tra realtà e dannazione si sgretola passo dopo passo. Nato dalla mente di À La Mode Games e portato alla luce da Akupara Games, questo titolo indipendente ha fatto il suo esordio su PC nel 2024, per poi spalancare le sue porte maledette su PlayStation 4, PlayStation 5, Nintendo Switch e Xbox Series X|S. Non è solo un survival horror: è un groviglio di inquadrature fisse che soffocano, scontri arcade che pompano adrenalina e una storia che ti aggancia con il suo mix di disperazione e barlumi di salvezza. Qui, sopravvivere non basta; Michelle deve scavare nel caos per trovare un senso, o almeno un’uscita.
L’incipit narrativo si dipana in un pittoresco borgo londinese, un microcosmo vibrante e stilizzato che funge da palcoscenico per le vicende di Michelle. Colpita da una maledizione lanciata da un arcidemone innamorato, noto come la Duchessa, la protagonista si ritrova a vivere i suoi ultimi giorni in un equilibrio precario tra due realtà: il mondo tangibile, popolato da personaggi eccentrici, e una dimensione demoniaca densa di pericoli. La peculiarità del titolo risiede nel dono del “Terzo Occhio”, un’abilità che consente a Michelle di percepire simultaneamente entrambe le dimensioni. Questa meccanica non si limita a un espediente estetico o funzionale: arricchisce l’esplorazione, svelando segreti nascosti e influenzando i combattimenti, dove la capacità di individuare i punti deboli dei nemici diventa cruciale. La gestione delle risorse, tra salute e munizioni, si affianca alla risoluzione di enigmi, richiedendo un approccio strategico che richiama i survival horror di un tempo, ma con un tocco moderno che ne amplia l’accessibilità.
Un ibrido tecnico tra passato e presente
Dal punto di vista tecnico, Sorry We’re Closed si distingue per la sua capacità di fondere elementi retrò con soluzioni contemporanee. L’esplorazione si avvale di inquadrature fisse, un omaggio ai classici dell’era PlayStation 1, che donano un fascino cinematografico agli ambienti. Questi ultimi, caratterizzati da modelli poligonali a bassa risoluzione e illuminati da un’estetica neon-punk dai toni accesi, creano un contrasto visivo che cattura l’attenzione. Tuttavia, la scelta delle telecamere fisse, pur suggestiva, può talvolta ostacolare la fluidità della navigazione, rendendo alcuni passaggi meno intuitivi. A questo si affianca un sistema di combattimento in prima persona che abbandona la staticità tipica del genere per abbracciare un dinamismo arcade. I giocatori devono mirare con precisione, sfruttando eventualmente la funzione di sensore di movimento per un controllo più immersivo, e concatenare attacchi in una sorta di danza ritmica contro avversari demoniaci.
Sebbene questa ibridazione sia intrigante, non è esente da criticità. Il passaggio dalla visuale fissa al combattimento in prima persona può risultare poco naturale, soprattutto su console, dove i controlli – originariamente pensati per mouse e tastiera – perdono parte della loro precisione. L’opzione di adottare controlli tank, un richiamo ai titoli del passato, è un gradito ritorno alla tradizione per i puristi, ma potrebbe disorientare chi cerca un’esperienza più fluida. Sul fronte dell’accessibilità, il gioco offre soluzioni apprezzabili: controlli rimappabili, mira assistita e persino un’opzione di guarigione infinita si rivolgono a un pubblico eterogeneo, sebbene l’assenza di una localizzazione in italiano rappresenti una lacuna significativa per il mercato nostrano. La difficoltà, inoltre, appare altalenante: i combattimenti possono risultare semplici per i veterani, mentre gli enigmi, talvolta troppo lineari, non sempre sfidano adeguatamente l’intelletto del giocatore.
La componente narrativa si intreccia abilmente con quella ludica, proponendo dialoghi interattivi in stile RPG che conducono a finali multipli. Le scelte compiute da Michelle non influenzano solo il suo destino, ma anche quello degli abitanti del borgo, un cast di personaggi stravaganti che arricchiscono il tessuto emotivo del gioco. L’interazione con questi ultimi, spesso alle prese con i propri conflitti interiori, offre momenti di riflessione su temi profondi come l’amore tossico, la perdita e la crescita personale. Il comparto sonoro, con una colonna sonora eclettica che spazia da brani atmosferici a incursioni rap e hip-hop nei duelli con i boss, amplifica l’energia del titolo, sposandosi con il suo spirito anticonvenzionale.
Un’estetica che incanta, una storia che coinvolge
Visivamente, Sorry We’re Closed si distingue per un’identità forte e coerente. I modelli dei personaggi, da Michelle alla minacciosa Duchessa fino all’enigmatico angelo Benedict, sono realizzati con una cura che ne esalta la personalità, mentre gli ambienti alternano scenari urbani stilizzati a paesaggi infernali di grande impatto. L’illuminazione al neon, con i suoi contrasti audaci, dona al gioco un’atmosfera unica, capace di evocare sia nostalgia che modernità. Sul piano narrativo, il titolo trascende il semplice horror per esplorare le complessità delle emozioni umane. La lotta di Michelle contro la maledizione diventa una metafora del suo percorso interiore, reso autentico da una scrittura che sa toccare corde profonde senza scadere nel melodramma.
Tuttavia, l’esperienza non è priva di sbavature. La durata complessiva appare contenuta, e la semplicità di alcuni enigmi, unita a sporadici problemi tecnici come cali di frame rate o imprecisioni nei controlli, impedisce al gioco di raggiungere vette più elevate. La rigiocabilità, incentivata dai finali multipli, rappresenta un punto a favore, ma non basta a colmare del tutto queste lacune. Ciononostante, Sorry We’re Closed si impone come un’opera che sa distinguersi, grazie a un’estetica accattivante, un gameplay originale e un cuore narrativo che pulsa di vita propria.
Il gioco si rivolge agli amanti del survival horror che cercano un’esperienza diversa, capace di unire il fascino del passato a una sensibilità contemporanea. La sua capacità di fondere generi e stili lo rende un titolo “stravagante”, un aggettivo che ne cattura l’essenza eccentrica e imprevedibile. Pur con margini di miglioramento, soprattutto nella fluidità tecnica e nell’equilibrio della difficoltà, l’avventura di Michelle merita di essere vissuta, tanto per il suo impatto visivo quanto per la profondità delle sue tematiche.
