Sulle creste ventose del monte Behistun, tra le ombre di un’alba incerta, un uomo si desta con il clangore di un martello ancora stretto tra le dita tremanti. La roccia davanti a lui, fredda e ostile, sembra sussurrargli frammenti di un passato che non riconosce, mentre un’eco lontana – una voce che non vede – lo sprona a rialzarsi. Intorno, la natura si contorce: una piaga oscura striscia tra gli arbusti, trasformando la bellezza del paesaggio in un campo di battaglia silenzioso, popolato da creature che paiono nate da incubi antichi. È qui, tra la polvere di statue spezzate e il mistero di un regno oltre il visibile, che prende vita The Tale of Bistun, un’avventura che intreccia mito e memoria.
Disponibile per PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One, Xbox Series X|S, Nintendo Switch e PC, The Tale of Bistun si presenta come un’esperienza videoludica che intreccia con sapienza avventura, azione e una narrazione profonda, ispirata al poema persiano del XII secolo “Khosrow e Shirin”. Sviluppato da Black Cube Games e pubblicato da IMGN.PRO, il titolo trasporta i giocatori sulle pendici selvagge e suggestive del monte Behistun, un luogo intriso di storia e mistero, dove uno scultore senza nome si risveglia privo di ricordi e beni, costretto a confrontarsi con una piaga che corrompe la natura e genera creature ostili. La premessa, radicata nel ricco folklore persiano, si discosta dai paradigmi fantasy più inflazionati, offrendo un’immersione in un contesto culturale raramente esplorato nel medium videoludico. Lanciato inizialmente su PC nel 2022 e successivamente esteso alle console, il gioco si distingue per la sua ambizione narrativa e il fascino estetico, pur non essendo esente da alcune incertezze tecniche e ludiche che ne limitano il pieno potenziale.
Una narrazione che scolpisce l’esperienza
Il cuore pulsante di The Tale of Bistun risiede nella sua storia, narrata con eleganza da una voce onnisciente che accompagna ogni passo del protagonista, descrivendone azioni, pensieri e tormenti con un registro poetico che richiama le antiche tradizioni orali. Questa scelta conferisce al gioco un’atmosfera unica, capace di avvolgere il giocatore in un’aura di misticismo e riflessione. Lo scultore, smarrito tra il mondo reale e il Regno delle Rivelazioni – un piano etereo fatto di memorie dimenticate – si muove alla ricerca della propria identità, guidato da una presenza vocale tanto enigmatica quanto affascinante. La narrazione si dipana con un ritmo volutamente lento, quasi contemplativo, che invita a soffermarsi sui dettagli del mito persiano e sulle implicazioni emotive del viaggio. Tuttavia, questa enfasi sulla parola può talvolta risultare eccessiva, specialmente nelle fasi di gioco meno dinamiche, dove il peso del racconto rischia di sovrastare l’interazione attiva. Il doppiaggio, disponibile solo in inglese, è accompagnato da sottotitoli in italiano, garantendo una fruizione accessibile anche a chi non padroneggia la lingua originale.
Un mondo di bellezza e fragilità
Dal punto di vista estetico, The Tale of Bistun cattura l’attenzione con scenari che fondono la maestosità del monte Behistun a un senso di decadenza portato dalla piaga che ne devasta i pendii. Gli ambienti, ispirati ai paesaggi della Mesopotamia e alla mitologia persiana, si distinguono per una palette cromatica vivida e un design che alterna scorci mozzafiato a dettagli più crudi, come rovine e vegetazione corrotta. Esplorare queste terre significa immergersi in un dualismo visivo: da un lato la meraviglia di una natura incontaminata, dall’altro la minaccia di un male antico che si manifesta in creature ostili. Eppure, questa bellezza non è priva di pecche: la ripetitività di alcuni scorci e una certa uniformità nella struttura degli ambienti possono attenuare, col passare delle ore, quel senso di scoperta che l’esplorazione iniziale promette. Tecnicamente, il gioco si mantiene stabile, con una fluidità apprezzabile su tutte le piattaforme, sebbene su console meno potenti si possano riscontrare sporadici cali di frame nelle sequenze più concitate.
Dinamiche di lotta e introspezione
L’azione si integra nell’esperienza attraverso un sistema di combattimento rapido e ravvicinato, pensato per essere immediato e accessibile. Il protagonista affronta nemici ispirati alla mitologia persiana con un arsenale di attacchi in mischia e abilità speciali, culminanti in una mossa devastante che può ribaltare le sorti degli scontri più difficili. Sebbene le meccaniche risultino intuitive e i controlli rispondano con prontezza nella maggior parte delle situazioni, il combat system manca di una profondità che lo renda davvero memorabile. Gli incontri, pur variati dalla presenza di boss che spezzano la monotonia, tendono a risolversi in uno schema prevedibile, dove la ripetizione degli input prevale su una strategia articolata. Interessante è invece l’interazione con il passato del protagonista: scolpendo statue disseminate nel mondo, il giocatore sblocca frammenti di memoria che arricchiscono la trama, offrendo un legame tangibile tra esplorazione e narrazione. Questo elemento, unito alla colonna sonora che intreccia motivi tradizionali persiani a melodie atmosferiche, contribuisce a elevare l’esperienza complessiva, donandole un’identità distinta.
The Tale of Bistun si configura dunque come un’opera che privilegia la sostanza narrativa rispetto alla pura innovazione ludica. La sua forza risiede nell’originalità del contesto culturale e nella capacità di evocare un senso di meraviglia attraverso la storia e l’estetica, nonostante alcune incertezze tecniche e una certa semplicità nelle dinamiche di gioco. È un titolo che parla a chi cerca un’avventura intimista, capace di trasportare in un mondo lontano, ma che potrebbe lasciare insoddisfatti coloro che prediligono un gameplay più complesso o articolato. Definirlo “memoriabile” significa riconoscerne il potere di lasciare un’impronta, non tanto per la sua esecuzione tecnica, quanto per l’anima che traspare dal suo racconto.
