In un’alba livida, tra i resti di una Barcellona svuotata dalla vita, un mech si risveglia con un ronzio metallico, i suoi circuiti illuminati da un’urgenza che non comprende del tutto. Il pilota, un’eco lontana nei suoi dati, è svanito, inghiottito da un mondo stravolto dall’insurrezione di un’intelligenza artificiale che ha ridotto città in cimiteri di acciaio e vegetazione selvaggia. È l’inizio di Uragun, un’odissea che spinge questa macchina letale a inseguire un segnale frammentato, conducendola verso Nairobi, tra torri industriali annerite dal fumo, e poi oltre, nelle viscere gelide delle miniere nordamericane, dove il silenzio è spezzato dal clangore dei suoi passi. Un’unità meccanica contro un’orda di IA corrotte, il suo viaggio la porta fino a una Hong Kong soffocata dalla giungla urbana, alla ricerca di un’ombra che potrebbe essere solo un ricordo. Sviluppato dal team polacco Kool2Play e portato su un’ampia gamma di piattaforme da Drageus Games, il gioco è disponibile per PC, PlayStation 4, PlayStation 5, Nintendo Switch, Xbox One e Xbox Series X|S, rendendosi accessibile a un pubblico vasto e trasversale. Si tratta di un’esperienza che affonda le sue radici nella tradizione degli sparatutto twinstick con visuale dall’alto, arricchita da elementi roguelite e da un’estetica futuristica che cattura l’occhio sin dai primi istanti. La premessa narrativa è semplice ma intrigante: un mech senziente si risveglia in un mondo devastato dall’insurrezione di un’intelligenza artificiale corrotta, con l’obiettivo di ritrovare il suo pilota scomparso. Da qui si dipana un viaggio che mescola esplorazione, scontri furiosi e una progressione che premia l’abilità e la sperimentazione.
Un mondo in rovina, un mech inarrestabile
Il cuore di Uragun risiede nella sua capacità di trasportare il giocatore in scenari tanto affascinanti quanto desolati, frutto di un design che bilancia sapientemente la cura artigianale dei livelli con una lieve randomizzazione degli incontri. La missione conduce il protagonista attraverso ambientazioni suggestive come una Barcellona spopolata, con le sue strade silenziose che evocano un passato dimenticato, o una Nairobi trasformata in un dedalo industrializzato, fino alle miniere celate tra le cime innevate del Nord America e a una Hong Kong futuristica, soffocata da una vegetazione selvaggia e incontrollata. Questi luoghi non sono mere cornici estetiche: ogni area è studiata per ospitare scontri dinamici, con nemici che variano in tipologia, numero e aggressività a ogni partita. Il risultato è un’esperienza che richiede al giocatore di adattarsi continuamente, affidandosi più alla padronanza dei sistemi di combattimento che alla memoria di schemi prefissati. La personalizzazione del mech diventa così un elemento cruciale: si possono sbloccare e combinare armi diverse – dai classici fucili e mitragliatrici fino a esotici boomerang a impulsi plasmatici e lanciarazzi – ciascuna pensata per affrontare situazioni specifiche, come orde di nemici leggeri o avversari corazzati di dimensioni imponenti.
Tecnica e gameplay: un equilibrio da affinare
Dal punto di vista tecnico, Uragun offre controlli fluidi e responsivi, tipici di un twinstick shooter di alto livello, con un’interfaccia che permette di gestire con naturalezza il vasto arsenale a disposizione. La progressione roguelite si basa su un sistema di ricompense e potenziamenti: a ogni run, il giocatore sceglie il proprio percorso sulla mappa, optando per premi che possono includere nuove abilità, modifiche alle armi o plugin capaci di amplificare le prestazioni del mech. Questi ultimi, in particolare, aggiungono un ulteriore strato di profondità, consentendo di potenziare statistiche o attacchi speciali e di adattare il proprio stile di gioco. Tuttavia, non tutto è privo di sbavature. Il feedback sui danni subiti appare spesso insufficiente: in mezzo al caos degli scontri, distinguere tra un colpo subito e un momento di invulnerabilità può risultare arduo, un difetto che mina la leggibilità dell’azione. Inoltre, il campo visivo ristretto, con una telecamera che tende a inclinarsi verso il basso, limita la visibilità degli attacchi provenienti dal fondo dello schermo, esponendo il giocatore a colpi inaspettati. Sebbene i proiettili nemici siano ben telegrafati, questo aspetto tecnico potrebbe essere perfezionato per garantire un’esperienza più equilibrata.
La sfida della rigiocabilità
Uno degli aspetti più ambiziosi di Uragun è la sua rigiocabilità, sostenuta da un ciclo di morte e rinascita che richiama i canoni del genere roguelite. Dopo ogni sconfitta, il mech viene rigenerato su una stazione orbitale che funge da hub, perdendo le modifiche temporanee ma conservando i dati per sbloccare potenziamenti permanenti tramite un albero di ricerca. Questi upgrade, che spaziano da incrementi di attacco a espansioni della memoria per equipaggiare più abilità, offrono una crescita graduale che incentiva a ritentare. Eppure, qui emerge una delle criticità principali: la quantità di contenuti appare limitata. I livelli, pur ben progettati, sono pochi e ripetitivi, e la progressione delle armi avviene con una lentezza che può scoraggiare i giocatori meno esperti, costretti a rivivere le stesse sfide iniziali senza significativi rinnovamenti nell’arsenale. Per i veterani, invece, il gioco offre una sfida avvincente e un sistema di combinazioni che premia la sperimentazione, ma non riesce a mascherare del tutto la sensazione di un’esperienza che, a tratti, sembra più una demo estesa che un prodotto completo.
Uragun si rivela un titolo “mechplosivo”, capace di catturare l’attenzione con il suo mix di azione frenetica, personalizzazione e ambientazioni evocative. Sebbene brilli per la qualità del gameplay e la cura nel design dei livelli, inciampa su una ripetitività che ne frena il potenziale e su alcune imperfezioni tecniche, come il feedback visivo e il campo ristretto. È un’esperienza consigliata agli amanti degli sparatutto twinstick e dei mech, ma che avrebbe giovato di una maggiore varietà per ambire a un posto di rilievo nel genere roguelite.
