Nessuno sa chi abbia avuto per primo l’idea di curarli. Quando tutto è crollato e il mondo ha iniziato a marcire, ogni tentativo di salvezza sembrava solo un’illusione crudele. Eppure, in una radura dimenticata da ogni mappa, tra scheletri d’acciaio e silenzi di cenere, qualcuno ha costruito un laboratorio. Lontano dai proclami militari, dagli spari e dalle fortezze, un gruppo di scienziati ha deciso di guarire i mostri che avevano preso il nostro posto. Non per redenzione, ma per necessità. È in questo scenario che prende forma Zombie Cure Lab, gestionale strategico sviluppato da Thera Bytes e pubblicato da Aerosoft, disponibile per PlayStation 5, Xbox Series X|S e PC. La versione testata su PS5 rivela un progetto ambizioso e originale, ma segnato da limiti tecnici e scelte di design non sempre convincenti.
Una speranza scientifica tra le rovine
Il fulcro dell’esperienza risiede nella costruzione e ottimizzazione di un centro di ricerca in grado di catturare e curare i non morti. Invece di sterminarli, il giocatore dovrà utilizzare tecnologie criogeniche per immobilizzarli e avviare un processo di de-zombificazione che li trasformerà in humbies, ibridi cooperativi metà umani e metà zombie. La struttura gestionale ruota attorno a cicli giorno-notte, con turni di lavoro, difese da predisporre e risorse da accumulare. Quattro tipi diversi di lavoratori, tra cui gli stessi humbies, vanno coordinati con attenzione. Le strutture sono numerose e spesso interconnesse, e il gioco propone oltre 200 tecnologie da sbloccare in un albero della ricerca che accompagna la progressione con ritmo crescente.
All’inizio, costruire è una sfida gratificante: si scelgono i materiali, si posizionano le linee di produzione, si ottimizzano le stanze con logica e pianificazione. L’automazione sopraggiunge con l’avanzare della tecnologia, ma l’interfaccia poco intuitiva rende complesse le operazioni più semplici. Le priorità dei compiti non sempre vengono rispettate e la gestione degli ordini ai lavoratori risulta spesso confusa. A tutto ciò si aggiunge l’assenza dell’italiano tra le lingue supportate, un limite non trascurabile per un titolo che fa largo uso di finestre di testo e descrizioni dettagliate.
Un laboratorio tra luci, bug e blackout
Esteticamente, Zombie Cure Lab si presenta con uno stile cartoonesco luminoso e colorato, in netto contrasto con il contesto narrativo. La scelta risulta vincente nel creare una personalità visiva immediatamente riconoscibile, ma non esente da ripetitività: le ambientazioni cambiano poco e la visuale isometrica spesso ostacola la gestione precisa delle unità. Le animazioni sono essenziali ma funzionali, soprattutto nei comportamenti degli humbies, che restituiscono un certo carisma all’insieme. Le sequenze notturne, in cui il laboratorio deve resistere alle ondate di zombie ostili, costituiscono momenti di forte tensione ludica, anche grazie all’elettrificazione del perimetro e alla disposizione delle torrette difensive.
Dal punto di vista tecnico, la versione PS5 soffre di cali di frame rate durante le fasi più concitate, con rallentamenti evidenti nei momenti di alta densità di eventi a schermo. Alcuni bug possono bloccare il comportamento dei personaggi o impedire l’esecuzione di comandi basilari, costringendo talvolta a ricaricare la partita. Il sistema di controllo tramite gamepad appare adattato in modo poco fluido: navigare tra i menù, selezionare le stanze o assegnare i lavoratori richiede più passaggi del necessario, e ciò spezza la fluidità della costruzione strategica. In un gioco che punta sulla pianificazione e sull’efficienza, queste frizioni finiscono per pesare.
Un concept affascinante che fatica a sbocciare
Il principio ludico di Zombie Cure Lab è originale e stimolante. Curare anziché uccidere è una scelta etica rara nel genere, e conferisce al titolo una connotazione quasi umanista. Tuttavia, le buone intenzioni si scontrano con una struttura talvolta inefficiente. I sistemi interni faticano a dialogare: capita che i lavoratori ignorino ordini, che le priorità assegnate non vengano rispettate, o che risorse fondamentali restino bloccate da bug invisibili.
A ciò si aggiungono mod con effetti passivi limitati da una riserva di energia non ricaricabile, che ne scoraggia l’uso e contribuisce a una sensazione generale di spreco potenziale. L’albero delle abilità propone potenziamenti poco incisivi, rendendo la progressione poco gratificante, mentre l’accumulo di risorse e materiali tende a rallentare il ritmo di gioco senza offrire ricompense realmente stimolanti.
Con una maggiore rifinitura tecnica, l’esperienza avrebbe potuto guadagnare in coesione e profondità. Rimane l’impressione di un titolo ricco di spunti, ma incompiuto nella sua concretizzazione. Gli appassionati del genere troveranno comunque soddisfazione nel tentare l’espansione del laboratorio e nella gestione delle ondate nemiche, ma servirà pazienza per superare le rigidità strutturali e i compromessi imposti da un’interfaccia poco amichevole. Il concetto che anima Zombie Cure Lab merita attenzione e rispetto, ma al momento resta un prototipo brillante ma imperfetto.
